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- Intervista a Claudia Pellegrino · Interviste agli Imprenditori di Successo

Intervista a Claudia Pellegrino, imprenditrice di successo ed esperta di consulenza per le imprese. Ci racconta della sua esperienza con aziende italiane negli ultimi vent'anni. Leggi l'intervista completa.
Buon giorno Dott.ssa Pellegrino, ci parli un po' di lei.
Mi occupo di consulenza alle imprese da oltre vent’anni anni. In questo periodo ho avuto la fortuna di collaborare con imprenditori e loro collaboratori, professionisti, Università e centri di ricerca che ricercavano nuove tecnologie, nuovi prodotti e processi e che hanno proposto al mercato internazionale soluzioni estremamente innovative.
Ho visto realtà crescere fino a diventare globali e realtà che si sono specializzate diventando leader nel settore di riferimento.
È evidente che ho vissuto anche le importanti crisi che hanno attraversato l’ultimo ventennio.
Anche la nostra azienda è evoluta ed oggi possiamo offrire oltre alla consulenza specialistica nella finanza agevolata, anche nella formazione e nell’assessment aziendale con un Team di oltre quindici persone laureate in materie tecnico scientifiche ed economiche.
Sono convinta dell’importanza della collaborazione, delle sinergie e delle contaminazioni, e con questo spirito ho collaborato alla creazione di reti di imprese che rappresentano filiere di eccellenza con produzioni che rappresentano nel mondo le peculiarità del design e della manifattura Made in Italy. Credo negli imprenditori italiani e nella loro capacità di reagire alle difficoltà.
Quali sono le tipologie di servizi che offre Pellegrino Consulting?
La nostra società, operante da oltre 20 anni, è nata avendo come core business l’erogazione di consulenza finalizzata alla finanza agevolata. Copriamo tutte le aree di investimento aziendale e tutti i settori anche se negli anni ci siamo specializzati nell’area della Ricerca e Sviluppo e dell’innovazione.
Oltre alla Finanza Agevolata siamo un Ente di Formazione accreditato che eroga formazione, sia finanziata che non, collaborando attivamente con Professionisti, Università e Società di alta formazione.
Dal 2017 inoltre abbiamo inserito un’area dedicata al supporto della diffusione ed applicazione delle misure, organiche e complementari, inserite nel Piano Nazionale Impresa 4.0. L’esperienza che abbiamo sviluppato è stata molto interessante e ci ha permesso di organizzare interventi consulenziali integrati, che ha permesso la valorizzazione della ricerca, l’erogazione di formazione specifica, il supporto finanziario e la certificazione degli investimenti finalizzata ad ottenere le agevolazioni fiscali previste dall’iper ammortamento.
Da quest’anno abbiamo riavviato l’assistenza anche al mondo no-profit e della cooperazione.
A che tipologia di clienti si rivolge Pellegrino Consulting?
Come detto serviamo tutti i settori con una preponderanza del settore produttivo.
I principali settori sono la meccanica declinata nell’automotive, nelle armi sportive, nella produzione di impianti e macchinari; l’agroalimentare, la cosmetica, il biomedicale, l’informatica avanzata fino ad arrivare alla moda.
La maggior parte delle imprese sono PMI, con la presenza di grandi aziende e multinazionali.
Principalmente sono imprese che realizzano prodotti finiti o semilavorati tecnologicamente avanzati, svolgendo costantemente attività di ricerca e sviluppo ed utilizzando tecnologie evolute.
Il mercato a cui si rivolgono è internazionale e la presenza può essere sia produttiva che solo distributiva.
Negli ultimi anni abbiamo incrementato inoltre il servizio di affiancamento alle start up, sia innovative che non, e ciò ci sta portando alla scoperta di nicchie di mercato con trend di crescita molto interessanti sia in termini di fatturato, occupazione, quote di mercato che di redditività. Spesso è un nuovo modo di fare impresa con modelli di business molto evoluti.
Secondo lei le PMI italiane stanno utilizzando nel modo corretto gli strumenti agevolativi?
Premesso che la mia è una visione parziale poiché i nostri clienti principalmente hanno sede nell’area nord d’Italia: Lombardia, Piemonte, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna e Toscana.
In questa macro area, soprattutto per il settore manifatturiero, le imprese hanno spesso utilizzato gli strumenti messi a disposizione dalle Regioni ed alcuni bandi specifici governativi. La vera svolta però è stata l’introduzione di un Piano pluriennale come il Piano Nazionale Impresa 4.0.
Per alcune tipologie di imprese il Piano Nazionale Impresa 4.0 ha rappresentato una leva competitiva molto importante ed ha ridato la possibilità di riprendere fiducia potendo programmare gli investimenti in una logica di breve periodo, almeno 36 mesi. L’uso, corretto, dato dagli strumenti agevolativi ha certamente contribuito a favorire i risultati sia in termini di impatto della crescita economica che sull’occupazione.
Purtroppo alcuni settori come quelli dei servizi e del commercio sono penalizzati rispetto alle imprese manifatturiere.
Secondo lei gli incentivi per l’impresa 4.0 stanno cambiando la percezione delle imprese rispetto alla digitalizzazione? Se sì, in che modo?
È innegabile che l’incentivo più interessante è certamente quello dato dall’applicazione dell’iperammortamento la cui applicazione rappresenta un’agevolazione pari al 40% del valore dell’investimento.
Il cambiamento si percepisce anche nelle realtà di piccole dimensioni che chiedono interventi mirati per poter meglio rilevare, gestire e comprendere i dati aziendali e quindi l’andamento in tempo reale.
“Il cambiamento si percepisce anche nelle realtà di piccole dimensioni che chiedono interventi mirati per poter meglio rilevare, gestire e comprendere i dati aziendali e quindi l’andamento in tempo reale.”
Molti analisti prevedono un 2020 con luci e ombre, lei che cosa si aspetta dall’anno che sta cominciando?
Dal nostro piccolo osservatorio abbiamo la possibilità di vedere l’andamento negli investimenti materiali ed immateriali di imprese che appartengono a settori molto diversi.
Sono imprese che operano molto all’estero e su mercati differenziati potendo di fatto bilanciare nel corso dell’anno, o di un biennio, le flessioni, stagnazioni o trend negativi.
Stiamo notando un rallentamento in particolare in alcuni settori come l’automotive componenti e materiali ad esso collegato. Le motivazioni possono essere diverse. Si pensi, oltre alla sovraproduzione degli ultimi anni nel settore automobilistico, al cambiamento delle proposte tecnologiche dall’ibrido all’elettrico che, oltre a confondere il potenziale acquirente, si ripercuote sui produttori di componentistica e dell’intera filiera tradizionale.
Cosa possono fare le aziende per vincere le sfide della competizione globale?
Abbiamo imprenditori che si sono distinti per la capacità e competenza dimostrata in momenti molto difficili, che con coraggio e caparbietà, hanno reso flessibili le produzioni e cercato nuovi mercati, continuando ad investire.
Credo che la domanda sarebbe meglio porla a loro.
Penso che le sfide globali si vincano con l’apporto di tutti gli Attori che partecipano alla crescita ed allo sviluppo di un tessuto imprenditoriale, e credo che la leva per poter agevolare le imprese sia la stabilità e la possibilità di contare su strumenti che abbiano almeno una durata pluriennale.
Le aziende sono alla ricerca di personale e non lo trovano, eppure la disoccupazione giovanile è altissima. Come siamo arrivati a questa situazione?
A fronte di un problema così grande credo che la domanda sia “come possiamo risolvere l’enorme problema della disoccupazione giovanile?”. Purtroppo non ho una risposta, tuttavia mi sembra che i dati presentati dal MIUR riguardo agli ITS siano significativi: l’80% dei diplomati ha trovato lavoro entro un anno dal diploma, nel 90% dei casi in un’area coerente con il percorso di studi concluso. Credo che si debba partire dalla formazione specialistica in grado di rispondere alle nuove esigenze del mercato del lavoro.
“ Credo che per risolvere il problema della disoccupazione giovanile si debba partire dalla formazione specialistica in grado di rispondere alle nuove esigenze del mercato del lavoro.”
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